Stefano Della Bella fu autore di stampe di grandi dimensioni. Alle quali contrappose incisioni della grandezza di un biglietto da visita o di un francobollo.
Durante la sua vita incise più di mille rami. Tutti di sua invenzione.
In queste immagini raccontata il suo mondo. Lasciando libero sfogo alla sua fantasia. Arricchendo l’immagine principale di trabordanti e varie invenzioni decorative. Sulla figura appone capricci e ornati in gran numero.
Questo repertorio di ornamento è dettato dalla immaginazione. Vi appartengono: corna di cervo. ali d’uccelli. foglie. pelli di tigri. code di serpenti. squame di tritoni. teschi e racemi. Tutti fra loro combinati.
Stefano della Bella pubblicò spesso le sue incisioni in serie. Queste erano vendute singolarmente o in assortimento completo.
La formazione di Stefano Della Bella risente dell’arte di Jacques Callot. All’epoca artista di spicco fra gli incisori operanti a Firenze.
Per questa ragione, durante la sua giovinezza Della Bella studia le incisioni realizzate dall’artista francese. Traendone dei disegni. Elaborazioni che resteranno una presenza stilistica in costante in molte opere.
Di Callot conserverà la netta distinzione del soggetto inciso. Diventando un motivo chiaro e distinto, sia dalle altre figure, sia da tutto il mondo circostante.
Ma delle figure tralascia l’aspetto bizzarro e fantastico. Facendo acquisire loro equilibrio e armonia.
Stefano della Bella è autore di paesaggi. Un soggetto verso il quale nutriva un grande interesse.
Sono questi i suoi fogli più originali. Liberi da qualunque influsso. Vivono di una luce chiara e diffusa. Comune a tutti i singoli elementi. Priva di improvvise vibrazioni.
Dei paesaggi nei quali Stefano Della Bella cerca di armonizzare tutta l’incisione in un unico tono chiaro.
Queste sono le sue opere più originali. Dominate una morbida atmosfera. Presente in ogni punto dell’immagine. In questa connotazione le sue opere più riuscite hanno come soggetto le grandi vedute e rovine di Roma e della campagna romana.
A questa serie appartiene il foglio intitolato il Tempio della Concordia. Datato 1656. La figurazione fonde il paesaggio con la descrizione della scena di genere.
La natura, l’uomo e le rovine del Foro si equivalgono. Tutte le parti della composizione ricoprono la stessa importanza.
Questo avviene nell’ultimo periodo della sua attività artistica. Quando si libera sul tratto inciso del vincolo imposto dal segno del bulino. Lasciando spazio alle possibilità intrinseche della tecnica dell’acquaforte e dei suoi innati effetti pittorici.
Stefano Della Bella fu incisore e disegnatore. Solo saltuariamente si dedicò alla pittura.
Stefano Della Bella nasce a Firenze. Il 10 maggio 1610.
Il padre di nome Francesco era uno scultore. Faceva parte della bottega del Giambologna. L’atelier da dove uscì la statua del Nettuno e le tre nuove porte fuse in bronzo del Duomo di Pisa.
Per la prematura perdita del padre il giovane Stefano è ben presto costretto a guadagnarsi la vita. Inizia a lavorare a bottega presso orefici e medaglisti. Passando per le botteghe dei pittori Giambattista Vanni e Cesare Dandini.
Tra la fine del 1632 e i primi del 1633 Stefano Della Bella si reca a Roma.
Di questo periodo romano il suo lavoro più importante è un incisione intitolata Entrata in Roma dell’Eccel.mo Ambasciatore di Polonia. Nell’anno 1633.
Una stampa d’invenzione. Databile dopo il 1650 e prima del 1691. Incisa all’acquaforte su una matrice composta da sei lastre in rame. L’immagine ha un’altezza di 157 millimetri e una larghezza di 432.
Le incisioni di Stefano Della Bella raffiguranti feste, cerimonie, cortei o esercitazioni sono fra i suoi soggetti preferiti.
Sono scene abbaglianti. Composte da centinaia di figure. Tutte vestite in modo pomposo e appariscente. Soldati con luccicanti armature. Scene dalla composizione armoniosa. Distribuita per spazi e toni chiaroscurali.
Dopo Roma Stefano Della Bella si trasferisce a Parigi. Lo spostamento avvenne nel 1639.
Qui il cardinale Richelieu gli commissionò due stampe. Per celebrare le sue imprese guerresche. Intitolate l’Assedio della Rochelle e l’Assedio di Arras. Entrambe delle acqueforti. Firmate in lastra. Realizzate nel 1641.
Stefano Della Bella in Francia incise numerosi rami. Qui lavorò moltissimo. Acquistando una solida reputazione.
A questo periodo risale il famoso foglio intitolato La Perspective du Pont Neuf de Paris. Conosciuto anche come il Ponte nero di Parigi.
Un’incisione su rame. Datata del 1646. La parte incisa misura 358 x 682 millimetri. Dedicata a Luigi XIV. È una veduta della città di Parigi. Collocata al centro la statua equestre di Enrico IV. Ricchissima di una ampia varietà di figure poste al fronte e di celebri architetture sullo sfondo.
A queste stampe di grandi dimensioni contrappose incisioni della grandezza di un biglietto da visita o di un francobollo. Dove raccontata il suo mondo. Lasciando libero sfogo alla sua fantasia.
Nel 1650 ritorna in Italia. Si trasferisce a Roma. Dove rimase fino ai primi mesi del 1652, Dopo questa data si stabilì definitivamente a Firenze. Dove morì il 12 luglio 1664.
Francesco Mazzuola detto il Parmigianino è una figura di rilievo nella storia dell’incisione. Vi è entrato con il merito di aver perfezionato la tecnica artistica dell’acquaforte. Dandole una vera fisionomia.
Metodo di cui non fu l’inventore. Anche se tradizionalmente gli è attribuito questo merito.
È corretto invece affermare che nella penisola italiana fu il primo artista a fare di questa tecnica un uso artistico.
Il metodo dell’incisione all’acquaforte prevede una partenza cospargendo la lastra metallica da incidere con uno strato di cera o vernice bitumosa. Entrambe sostanze inintaccabili dagli acidi.
Su questo strato si realizza il soggetto che si desidera incidere. Il disegno avviene per mezzo di una punta in acciaio. Il passaggio dell’estremità appuntita rimuove la copertura. Lasciando un solco scoperto. Nel quale il metallo della base rimane a vista.
La lastra disegnata è immersa in un mordente. A questo scopo usualmente è impiegato l’acido nitrico. Elemento chimico anticamente chiamato acquaforte.
L’azione aggressiva di questo liquido consuma il metallo. Non aggredendo le aree coperte dalla vernice.
A corrosione avvenuta. Dopo aver asportato la protezione. Si ottiene la lastra pronta ad essere inchiostrata e stampata.
L’acquaforte si presenta come un procedimento rapido e immediato.
Affermazione che prende corpo dal raffronto con il modo di operare l’incisione con la tecnica del bulino. Nella quale la figura è eseguita con il maneggio di una sottile punta in acciaio fissata su un manico. Uno strumento da adoperare sulla lastra da incidere con lentezza e pazieza.
Francesco Mazzuola nasce a Parma l’11 gennaio 1503. Muore a Casalmaggiore in provincia di Cremona il 24 agosto 1540. Ebbe una vita breve ed intensa.
A Roma conobbe l’incisore Marcantonio Raimondi. Dal quale con buona probabilità apprese le pratiche dell’incisione e vide l’uso degli acidi.
Al ricorso a queste sostanze e al perfezionamento della loro tecnica d’uso dedicò tutto il suo tempo. Spinto dal desiderio di poter incidere l’intero disegno con l’ausilio di mezzi chimici.
Allontanandolo dallo studio della pittura a favore dell’alchimia. Spianando a colpi di martello il rame per realizzare le matrici.
Le incisioni all’acquaforte del Parmigianino conosciute presentano tutte una costruzione del soggetto per mezzo di una linea libera.
La punta metallica si muove in maniera disinvolta sulla vernice resistente all’acido che copre la lastra. Con questo gesto realizza un vero e proprio disegno.
Dove i contorni sono realizzati con segni sottili che formano reticoli irregolari e forme aperte.
Concentra la luce sulle zone del soggetto realizzate in bianco. Mettendo il chiarore in contrasto alle zone d’ombra. Contemporaneamente fissando i volumi.
Si presentano con qualche difetto nella morsura.
Il Bartsch cataloga quindici sue stampe. Altri studiosi variano di molto questo numero. Arrivando ai quarantadue fogli selezionati dal Le Blanc. Un aumento dovuto all’inclusione delle incisioni segnate con il monogramma F.P.
Nell’Acquaforte il segno non è inciso sulla piastra direttamente dall’artista ma è incavato dall’acido.
La piastra di solito in rame.
É coperta da un sottile strato di vernice. Composta da un miscuglio di resina e cera. Applicato a caldo e uniformemente su tutta la superficie.
La piastra è poi annerita con nerofumo. Una astuzia che permette alla raffigurazione di risultare in seguito più evidente.
L’incisore con uno strumento d’acciaio a punta sottile traccia il disegno sulla superficie. Scoprendo il rame destinato all’incisione.
Immerge la piastra in una bacinella che contiene un acido diluito, di solito acido nitrico.
Il mordente penetra nei segni dove la vernice è asportata e corrode il metallo.
Appena l’incisore ritiene la morsura abbastanza profonda, almeno per i segni più leggeri, estrae la piastra dalla bacinella. Per poi immergela nell’acqua per liberarla dall’acido.
Dall’esame della profondità della morsura si cercano le parti dove il segno non gli sembra sufficientemente scavato. Queste soni sottoposte a un nuovo bagno di acido. Le parti finite sono protette da uno strato di cera. Questa non permette il contatto dell’acido con il rame sottostante. Proteggendo le parti finite.
Ultimata l’acquaforte l’artista può ritoccarla o ultimarla con la puntasecca.
Grafica d’arte Note per la conoscenza della stampa originale antica e moderna: la tiratura, l’acciaiatura della lastra, la prova d’autore e la firma
Grafica d’arte Note per la conoscenza della stampa originale antica e moderna: la tiratura, l’acciaiatura della lastra, la prova d’autore e la firma
La Grafica d’arte trova fra le proposte del sito librirarieantichi un ampio spazio.
La sezione chiamata Fogli di grafica comprende una vasta selezione di stampe antiche e moderne. Il catalogo descrive stampe d’arte di numerosi artisti contemporanei.
Note per la conoscenza della stampa originale antica e moderna: la tiratura, l’acciaiatura della lastra, la prova d’autore e la firma.
La tiratura. In linea di massima le impressioni possono essere molto numerose. In realtà le prove di elevata qualità sono poche.
Nel passato la tiratura aveva un suo limite naturale nel mezzo tecnico non perfezionato e nell’elevato costo della carta. L’artista stampa soltanto gli esemplari che gli erano richiesti.
A discapito della qualità. Le impressioni che si possono ottenere da una lastra in rame possono superare il migliaio. Callot ed esempio dovette incidere a Nancy un nuovo rame della Fiera di Impruneta. Essendosi logorato per l’uso quello preparato a Firenze.
Se prima di effettuare la tiratura si sottopone la lastra in rame all’acciaiatura.
Si possono avere edizioni molto numerose di buone stampe. Tutte uguali. Cioè la prima è assolutamente identica all’ultima uscita dal torchio.
L’acciaiatura è un processo elettrolitico. Consiste nel ricopre la superficie della lastra con uno strato superficiale di ferro puro. L’operazione ha il fine di conferire maggiore resistenza al deterioramento.
Al giorno d’oggi. È interesse dell’artista che alla tiratura sia posto un limite preciso. Dove il numero degli esemplari che si vogliono stampare è fissato dall’editore e dall’incisore. La piastra in seguito è biffata o distrutta. Questo a protezione del collezionista che paga la singola stampa anche in rapporto al numero complessivo degli esemplari editi.
Un foglio con la dichiarazione di tiratura in prova d’artista. Ê usualmente indicato con l’acronimo P.d.A.
É un esemplare che l’editore mette a disposizione dell’incisore. Dove la composizione della figurazione è del tutto uguale a quelli della tiratura regolare.
La firma. Le stampe dei primi incisori portano raramente impresso un segno di riconoscimento.
Sicché non si è potuto quasi mai determinare l’autore. Nella seconda metà del XV secolo troviamo su alcuni fogli date, simboli e monogrammi. Questi in seguito hanno permesso se non l’identificazione dell’artista, almeno l’attribuzione dell’opera a un solo autore, anche se sconosciuto. In questo caso il segno o il monogramma hanno assunto valore di firma.
Il nome è scritto per esteso, solo con iniziali, a volte accompagnato da una data, altre seguito dalla f di fecit.
Questo non è regola nel passato, né lo è oggi.
La Stampa dei cento fiorini di Rembrandt per esempio è incisa nel 1649. É considerata la più importante composizione grafica di tutti i tempi. Non porta né data né firma.
La stampa dei cento fiorini è un foglio grafico. Opera dell’olandese Rembrandt Harmenszoon van Rijn.
Artista nato a Leida il 15 luglio 1606. Deceduto a Amsterdam nel 1669.
L’incisione è nata dopo un lungo processo creativo che si concluse fra la fine tra il 1648 e il 1649.
Realizzata ad acquaforte, puntasecca e bulino. La parte incisa misura 284 x 399 mm. É conosciuta due stati.
La monumentale composizione raffigura Cristo nell’atto di guarire gli infermi, attorniato da un pubblico di fedeli, curiosi e farisei. Nel pubblico è anche collocato un pensoso Erasmo da Rotterdam.
La lastra è caratterizzata da numerosi pentimenti. Quei freghi e freghetti che colpirono il biografo Filippo Baldinucci. Descritti nel suo Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua. Pubblicati a Firenze. In 6 Volumi. Dal 1681 al 1728.
Filippo Baldinucci nasce a Firenze nel 1624 e lì decede il 1º gennaio 1697.
Il titolo dell’incisione è legato al prezzo pagato per l’acquisto di una copia di questa stamapa.
Un episodio narrato con due aneddoti. Il primo è più generico e potrebbe anche comprendere il secondo.
Quello più semplice si riferisce di una generica vendita. Avvenuta in Olanda, ad autore vivente, per l’ammontare di cento fiorini.
Il secondo narra di uno scambio, Avvenuto fra Rembrandt, collezionista di antiche incisioni italiane, e un mercante romano.
Il commerciante cede delle incisioni di Marcantonio Raimondi che proponeva in vendita per cento fiorini. Ottenendo in cambio una copia della stampa di Rembrandt.
I due aneddoti sono riportati nel libro di Pietro Zani, intitolato Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti. Stampato dalla Tipografia ducale nel 1821. Appartengono alla parte seconda del volume VI. A pagina 272.
I brani in corsivo sono tratti dal libro di: Salamon Ferdinando, Il conoscitore di stampe, Giulio Einaudi Editore, 1961, Collana Saggi 281
Per chi vuole approfondire:
Massari – F. Negri Arnoldi, Arte e scienza dell’incisione. Da Maso Finiguerra a Picasso, Carocci, Roma 2000.
Negri Arnoldi – S. Prosperi Valenti, Il disegno nella storia dell’arte italiana, La Nuova Italia Scientifica, Urbino 1986.
aa.vv. Le tecniche artistiche ideazione e coordinamento di Corrado Maltese Ugo Mursia Editore, 1985
Le tecniche d’incisione a rilievo. La xilografia, a cura di G. Mariani. Istituto Nazionale per la Grafica, De Luca, Roma 2001.
Le tecniche calcografiche d’incisione indiretta. Acquaforte acquatinta lavis ceramolle, a cura di G. Mariani, Istituto Nazionale per la grafica, De Luca, Roma 2005.
Le tecniche calcografiche d’incisione diretta. Bulino Puntasecca Maniera nera, a cura di G. Mariani, Istituto Nazionale per la Grafica, De Luca Editori, Roma 2003.
Le tecniche in piano. Litografia Serigrafia, a cura di G. Mariani, Istituto Nazionale per la Grafica, De Luca, Roma 2006.
L’immagine raffigura un incisione originale. Opera di Pericle Menin, Intitolata Sonno. Realizzata con la tecnica dell’acquaforte- Impressa nei primi decenni del XX secolo.
Dimensioni dell’immagine 10,5 x 14,2 cm. Dimensioni del foglio 14,9 x 18,9 cm.
Pericle Menin, Aacquafortista, Nato a Venezia agli inizi del XIX secolo. Studia fisica all’università di Padova. Scrittore di cose artistiche e autodidatta in arte. Conosciuto per le vedute di Venezia e per opere quali; l’anatomia dell’albero, poesia dell’albero ecc.
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