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Il Giappone di Inari e Munechika e delle spade giapponesi

Munechika mentre forgia la spada per l’imperatore Ichijo UkiyoE di Ogata Gekko (3) (Copia)

Il Giappone di Inari e Munechika e delle spade giapponesi.

Il Giappone a leggenda che narra di Inari e del fabbro Munechika forgiatore di spade giapponesi si perde nei tempi più remoti.

Dell’episodio non si conosce l’autore e nemmeno una data di comparsa.

Con molta probabilità la nascita è da far risalire al periodo Muromachi. Un’epoca della storia del Giappone che inizia nel 1336. Con l’ascesa a shōgun di Ashikaga Takauji e si conclude nel 1573. Con Ashikaga Yoshiaki. Il quindicesimo e ultimo shōgun dello shogunato Ashikaga.

Durante questa epoca il racconto era conosciuto come un testo teatrale. Da rappresentarsi negli spettacoli di teatro Nō.

È l’episodio più famoso inerente l’attività di forgiatore di spade giapponesi del fabbro di nome Sanjō no Kokaji Munechika. Un kaji vissuto verso la fine del X secolo a Kyoto.

Contemporaneo a Tomonari attivo a Bizen e Masakuni operante a Satsuma.

Dall’attività di questi tre maestri di forgia ebbe inizio la tradizione ancora viva degli spadai operanti in Giappone.

L’avvenimento si svolge durante il regno dell’imperatore Ichijō.

Seguendo il tradizionale ordine di successione è il sessantaseiesimo imperatore del Giappone.

La racconto prende origine da un sogno. Avuto dall’inperatore Ichijō. Durante il quale gli è suggerito di farsi forgiare una spada.

Al suo risveglio inviò un messaggero imperiale di nome Tachibana no Michinari alla fucina di Munechika.

L’inviato aveva l’incarico di commissionare al fabbro la spada vista in sogno dal suo signore.

Munechika è esultante dell’importante commissione ricevuta. Tripudiante dall’idea di dover forgiare una lama di cosi alta qualità e destinata a una figura così importante.

All’ulteriore richiesta di una rapida consegna. Munechika replicò di non disporre dell’aiuto di nessun assistente e per questo di non per poter iniziare il lavoro.

Il fabbro per non venir meno all’impegno assunto con l’imperatore si recò al vicino santuario Fushimi Inari Taisha. Il principale luogo in Giappone dedicato alla preghiera a Inari. Un Kami associato alle volpi. Con il compito di sovraintendere e tutelare le lavorazioni in metallo. Eseguite con l’ausilio del fuoco.

In Giappone i santuari dedicati a Inari sono costruiti in legno. Laccato in color rosso. Con le pareti in stucco bianco. Al loro ingresso dipinti di color arancio e nero sono collocati uno o più Torii. Una costruzione realizzata da due colonne sulla cui sommatità è posto un palo orizzontale. Il loro compito è segnalare la via d’ingresso a una zona sacra.

L’entrata al Fushimi Inari Taisha presenta un lungo corridoio composto da una successione di Torii.

Questa galleria è percorsa da Munechika al crepuscolo.

Attraversando i numerosi Torii il fabbro vide nella penombra un ragazzo sconosciuto. Fra loro avvenne un breve colloquio. Il ragazzo era lì perché già conosceva la ragione della visita al tempio da parte di Kokaji Munechika di Sanjō. Subito assicurò il fabbro. Per l’indomani gli propose di purificare la sua fucina secondo le vecchie regole e si impegnò a lavorare come assistente.

Munechika era confuso e inginocchiato. E il giovane scomparve velocemente proprio come quando era apparso.

Il giorno successivo Munechika dopo il lavaggio rituale, vestì l’abito bianco. Purificò la fucina e la racchiuse con shimenawa e gohei. Le protezioni a separazione fra il mondo terreno e divino.

Subito dopo aver pronunciato la preghiera rivolta ai Kami, con la silenziosità di una volpe riapparve il ragazzo.

A questo punto Munechika capì la natura divina di quella presenza. Era Inari. Il Kami a cui aveva rivolto la sua richiesta d’aiuto.

Il lavoro dell’assistente si dimostrò capace e sicuro. Non richiedeva nessuna direzione.

Assieme forgiarono la spada destinata all’imperatore. Una lama di grande bellezza.

 

Sul codolo è inciso al lato anteriore il nome di Munechika. Su quello posteriore in onore all’assistente è cesellato Kogitsune che significa piccola volpe.

 

Questa lama è una tachi ed è soprannominata Kogitsune-maru 小狐丸.

Il Giappone dei Kami delle spade giapponesi e di Inari.

Inari Il Kami del riso del fuoco e dell’acqua

Nell’immagine. Inari assiste il fabbro Munechika mentre forgia la spada per l’imperatore Ichijo.

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Il Giappone dei Kami le spade giapponesi e Inari

Munechika_ Ichijo_Swordsmith_Inari_Kottoya_antiquariatogiapponese_Artegiapponese AA (Copia)

Il Giappone dei Kami le spade giapponesi e di Inari.

Il Giappone è la terra dei Kami e delle spade giapponesi e Inari presiede entrambre queste due tipicità.

In Giappone Inari è una divinità appartenente allo Shintoismo e al Buddismo. Per un giapponese non è semplicemente un Kami. Uno degli interlocutori privilegiati per raccordare il mondo degli uomini con le forze della natura.

Nell’immaginario popolare giapponese una delle principali preoccupazioni che affligge l’uomo è quella di stabilire dei buoni rapporti con gli elementi espressione del cosmo. Dai quali la persona dipende. Per questa ragione ritenuti per l’umanità sempre potenzialmente pericolosi. Da propiziare per assicurarsi il benessere.

I Kami sono manifestazioni della natura. Per questo sono in grado di comunicare con le forze primordiali.

Questi spiriti mettono in contatto l’uomo con un mondo dove non può accedere se privo di mediazione. Permettendo un incontro che in altro modo non può avvenire.

Da questo contatto avviene una mediazione fra le forze naturali e le esigenze umane. Consapevoli che le ultime dipendono dalle prime.

Inari fra tutti i Kami è quello che assomma in sé tutte le qualità e i poteri per meglio riuscire in questo scambio.

Inari in lingua giapponse è scritto con due kanji. Il primo allude alla piantina del riso. Il secondo al verbo essere. In questa lettura Inari è il Kami del riso. Per estensione dei cereali. In quanto il riso è per i giapponesi la principale varietà fra questi prodotti agricoli. Da qui l’identificazione come Kami del cibo. Con il primario compito di assicurare il nutrimento agli uomini.

A Inari non si chiedono grazie trascendentali. A questo Kami ci si rivolge per avere una mediazione per un abbondante raccolto, la fortuna negli affari e la buona salute.

Si chiede un appoggio per fronteggiare le tangibili preoccupazioni della vita. Una attitudine che mantiene sempre attuale la devozione a questo spirito.

Inari è una rassicurazione per il destino della futura sorte. Chi invoca questo spirito è alla ricerca di un aiuto. In qualche modo invoca la fortuna. Quest’ultima è un altro attributo conferito a Inari.

È un Kami legato al fuoco. Dove non assolve il compito di protezione dagli incendi. A questo spirito non è attribuito nemmeno il compito di difesa del focolare domestico.

È nume tutelare delle lavorazioni in metallo. Effettuate con l’ausilio del fuoco.

Varie leggende attribuiscono al suo intervento la realizzazione di famose lame. Partecipazione che avviene durante la fase di forgia. Coadiuvando nella realizzazione dell’arma un celebre maestro di fucina.

Il legame di Inari con il processo di forgia del metallo è ben più solido. Non si limita al fuoco. Infatti, questo spirito è anche il Kami della montagna.

Il luogo dove il metallo usato durante il processo di forgia è estratto. Sempre per questo rapporto con la montagna Inari è anche protettrice della caccia. Un’altra tradizionale fonte di sopravvivenza.

Il Giappone di Inari e Munechika e delle spade giapponesi

Inari Il Kami del riso del fuoco e dell’acqua

Nell’immagine. Inari assiste il fabbro Munechika mentre forgia la spada per l’imperatore Ichijo. 

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Tsuba La scuola Kiami 其阿弥

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Tsuba La scuola Kiami 其阿弥

Tsuba La scuola Kiami  其阿弥  è attiva nella produzione di tsuba dal XVII al XIX secolo.

I membri della scuola Kiami producevano per lo più tsuba in ferro. Caratterizzate da un decoro realizzato con l’uso della punzonatura a caldo.

A questa tipologia era aggiunta una seconda categoria con decori realizzati a traforo. Realizzato seguendo un audace disegno. Prodotto con la tecnica del ji sukashi e del kage sukashi. Spesso con i dettagli evidenziati in ottone, oro e argento. Metalli applicati con la tecnica dell’hira-zogan.

È probabile ipotizzare un’influenza da parte dei primi maestri delle scuole Chōshū e Kinai.

Le notizie disponibili su questa tradizione sono scarse.

La scuola forse è fondata da Kiami Kanenobu. Egli è con buona probabilità un allievo degli Hōan.

Alcuni studiosi considerano la firma Kiami come un ulteriore nome assunto della famiglia Hoan.

Kiami Kanenobu fu un costruttore di tsuba operante nella città di Hiroshima.

La capitale della provincia di Aki no kuni 安芸国anche detta in lettura on’yomi Geishū 芸州. Antica provincia del Giappone situata nella regione di Chugoku nella parte occidentale dell’isola di Honshū. Al giorno d’oggi è la parte occidentale della prefettura di Hiroshima.

La firma apposta su queste tsuba è spesso semplicemente Kiami.

Kiami 其阿弥 è un cognome con le letture alternative di Goami e Sonoami.

Elencata come Goami. Questa scuola è descritta in dettaglio nella traduzione realizzata da Afu Watson del Nihon Tō Kōza. Volume VI. Parte I. Pagine316-7. Illustrazioni a pagina318.

Si conosce. Un primo Goami era un forgiatore di lame attivo nel periodo Muromachi. Un secondo Goami di nome Masanaga 正命 era un artigiano che realizzava tusba. Quest’ultimo per lavorare si trasferì a Hiroshima nel 1631 corrispondente al nengo Kanei 8.

Della scuola Goami si conoscono altri due rappresentanti. Entrambi usavano il nome Masachika e firmato il loro lavoro Goami Masachika. Il primo era attivo durante il primo periodo Edo. Il secondo durante il nengo Tenmei. Periodo che inizia nell’aprile 1781 e si conclude nel gennaio 1789.

Da notare che la scrittura in kanji della scuola Kiami 其阿弥 e della scuola Shoami 正阿弥 hanno in comune la parte ami 阿弥. Un termine risalente al periodo Muromachi in rapporto con la dinastia shogunale degli Ashikaga. I quali lo conferivano come titolo a individui con riconosciute capacità artistiche.

L’uso della decorazione realizzata per mezzo di matrici impresse a caldo sulle superfici adottata dalla scuola Kiami risale alla maniera della scuola Tempo.

Le tsuba Tempo erano prodotte nel XVII secolo nella provincia di Yamashiro no kuni山城国. Durante il periodo Muromachi era la sede dello shogunato Ashikaga. Oggi corrisponde alla parte meridionale della prefettura di Kyoto nell’isola di Honshū.
È probabile che risalgano alla seconda metà del XVI secolo. Quando nella città di Nara lavorava un artista di nome Tembo o Ten ho. Autore di tsuba decorate con soggetti impressi con una stampo. Incise prima di effettuare il riscaldamento finale del ferro dell’elsa.

Questo metodo è impiegato anche da altri artisti. A Sendai da Hirokuni nel XVIII secolo. A Kyoto nel IX secolo da Mitsuhaya. Nel XVIII secolo da Kiami nella provincia di Aki.

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Il restauro La lucidatura del ferro della tsuba

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Il restauro La lucidatura del ferro della tsuba.

Il restauro  procede con la lucidatura del ferro della tsuba.

La rimozione della ruggine rossa necessita di molto tempo ed è faticosa.
Non presenza alternative all’uso dell’osso, del corno o dell’avorio. Uniti alla pulizia periodica della polvere abrasa. Usando un panno umido.

Necessita il frequente controllo del lavoro.

La verifica deve essere effettuata alla luce naturale. In preferenza sotto la luce del sole.

Questo perché la luce artificiale tende a nascondere la ruggine.

Il troppo strofinare anche con l’ausilio di uno strumento della corretta durezza può rimuovere la patina.

Qui ci troviamo di fronte ad un nuovo dilemma.

Quando ci si deve fermare?

Lo scopo di questa operazione è quello di rimuovere qualsiasi corrosione attiva.
Non quello di rendere una tsuba antica simile a una nuova. Troppo splendente e luccicante.

Non si deve snaturare una tsuba d’epoca. Il fine è di ripristinare una nuova purezza delle superfici. Rispettosa della storia passata.

Esagerando nel distacco si ottiene una tsuba sempre antica ma priva patina.

Per evitare questo irreversibile danneggiamento.
L’intervento di pulitura non deve eccedere.

È necessario evitare la rimozione di ogni traccia di sedimento. In quanto mettendo in atto una simile progetto si snaturerà la tsuba in modo definitivo e radicale.
Facendo scomparire l’apprezzata peculiarità di una superficie solcata da un invecchiamento originale.

È corretto agire lungo il bordo il mimi e sull’hira della tsuba. Il primo è il bordo il secondo è il corpo.

Non è opportuno operare sulle le pareti interne del sukashi. Questa operazione è paragonabile alla lucidatura del nakago di una lama.

Rimossa tutta la ruggine che si ritiene necessaria conferiamo alla tsuba la necessaria brillantezza.

Anche questa operazione avviene per strofinio. Il mezzo è un panno in cotone. Nessun altro tessuto è da impiegare. Da escludere tassativamente la moquette e i panni sintetici. Questo perché possono lasciare una finitura grassa.

Questa operazione scurisce il colore nero della superficie. Donandogli una morbida lucentezza. Anche questa è un operazione che richiede molta lentezza. Da ripetere più volte in giorni diversi. Prolungandola per alcune settimane.

Se durante questa operazione ricompare della ruggine rossa è necessario ritornare al passo precedente. Ovvero riprendere a strofinare con l’abrasivo sui nuovi punti affiorati.

A lavoro finito conservare la tsuba in una apposita scatola in legno.

Le precauzioni.                            

Le scatole in legno per custodire le tsuba hanno il supporto dove incastrare la tsuba fermato da due piccoli chiodi. Può succede che durante il trasporto il supporto si stacchi. Lasciando i chiodi scoperti e la tsuba libera di muoversi entro il contenitore.
Con la sgradita conseguenza di procurare dei graffi alla tsuba.
Buona norma è trasportare l’elsa entro sacchetti in stoffa.

La tsuba va presa con due dita. Queste devono essere appoggiate solo per il bordo e trattenere la tsuba durante la visione. Con questa precauzione si eviteranno la formazione di punti di ruggine.

È un ottima prevenzione lo strofinare periodicamente e delicatamente le tsuba con un panno in cotone.

La disponibilità di tsuba autentiche presenti sul mercato è destinata a diminuire sempre più. Sono sopravvissute sino ai nostro giorni. Cerchiamo di conferire loro la giusta importanza. Evitando di sottoponendole a tragici interventi.

 

Il restauro cosa fare e cosa non fare.

Il restauro di una tsuba La pulizia Asportazione della ruggine.

Tsuba Il restauro Rimozione della ruggine.

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Tsuba Il restauro Rimozione della ruggine

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Tsuba Il restauro Rimozione della ruggine.

Il restauro della tsuba procede con la rimozione della ruggine.

La tsuba proveniente dal trattamento precedente non sarà di certo un bel vedere!

Inizia ora la seconda parte. Nella quale avverrà la asportazione della ruggine residua. Sarà un’operazione lunga e faticosa. Soprattutto per le dita delle mani.

L’eliminazione avverrà con un procedimento meccanico. Per strofinamento si asporterà la corrosione attiva di color rosso. Lasciando al suo posto una patina di magnetite di color nero. Leggermente più dura rispetto alla ruggine.

Il metodo si avvale del potere abrasivo dell’osso, del corno o dell’avorio. Usando questi materiali si inizierà a grattare la ruggine rossa.

Due accorgimenti.
Il primo: È meglio agire su una piccola area. Sulla quale agire con lentezza. Finita questa porzione si passa a una successiva piccola area.
Il secondo: Pulire con periodicità la polvere abrasa. Usando un panno umido.

In questo modo stai impiegando uno strumento più duro della ruggine e più morbido della patina. Agisce sulla prima e lascia intatta la seconda.

Da non fare.

Agire rapidamente su una vasta area.
Non impiegare strumenti con durezza maggiore a quella della patina. Da escludere: acciaio, ferro, vetro o carta vetrata.
Non usare nessun trattamento chimico. I prodotti in commercio per distaccare la ruggine se impiegati rimuoveranno la patina e danneggeranno il ferro.

Non agire con nessuna fonte di calore.

Prima dell’uso dell’osso, del corno e dell’avorio questi materiali andranno rotti. Creando una serie di pezzi di varie forme e dimensioni. Sono questi frammenti da impiegare. Scegliendoli in base alle caratteristiche della superficie e agli angoli presenti nelle zone sulle qual lavorare.

Necessita un grosso martello, uno scalpello e l’indossare degli occhiali protettivi.

L’avorio sembrerebbe fra i tre il materiale più adatto. L’osso da impiegare è meglio che sia di manzo e sottoposto a lunga cottura.

Attieniti scrupolosamente a tutte queste indicazioni. Sono le uniche che permettono l’eliminazione della ruggine rossa senza intaccare la patina.

Non cercare un metodo più veloce. Nessuna alternativa.

Solo in questo modo si eliminerà la ruggine. Sostituendola con un bel colore nero.

Necessita solo tanta pazienza. Molta pazienza. Delicatezza e lentezza.

 

Tsuba Il restauro cosa fare e cosa non fare.

Il restauro di una tsuba La pulizia Asportazione della ruggine.

Il restauro La lucidatura del ferro della tsuba.

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