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Una cerimonia di harakiri descritta da Lord Redesdale

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Una cerimonia di harakiri descritta da Lord Redesdale

L’autore dello scritto è Lord Redesdale, colui che è il primo spettatore non giapponese a una cerimonia di harakiri 腹 切.

Il diplomatico presiede al rituale di suicidio con il ruolo di testimone.

In questa occasione diviene il cronista dell’episodio di harakiri.

Fornendo una descrizione che comparirà sulle pagine di appendice del suo libro intitolato Tales of old Japan. In italiano Racconti dell’antico Giappone.

Il brano descrive un esempio di seppuku. Avvenuto nella sua forma più onorata. Imposto a seguito di una sentenza di morte.

Per chi trasgrediva la legge era prevista la pena di morte e il seppuku concedeva al condannato la possibilità di togliersi la vita da solo.

Si afferma cosi il principio che il seppuku è una forma di autopunizione o di espiazione delle proprie colpe. Concesso, solo a chi, pur avendo trasgredito alle regole, è degno del massimo rispetto da parte di chi aveva pronunciato la condanna.

Quando si verificavano queste condizioni, il condannato è guardato con grande rispetto e il trapasso è onorato da una cerimonia solenne.

Il condannato è Taki-Zenzaburō. Un ufficiale al servizio del principe di Bizen. Condannato per essere l’autore dell’ordine, impartito nel febbraio del 1868, di incendiare il quartiere occidentale di Hiogo. L’odierna Kōbe.

La cerimonia è ordinata dall’imperatore in persona. Ha luogo alle 22,30 nel tempio dei Seijukuji a Hiogo.

Si svolse nella sala principale del tempio. Una grande sala con il tetto molto alto, Sostenuto da pilastri in legno scuro. Dal soffitto pendono una grande quantità di lampade dorate e di ornamenti buddisti. Di fronte al massimo altare, con il pavimento coperto da stuoie bianche e da una stuoia in feltro scarlatta.

Dopo che i testimoni si sono accomodati. Entra Taki-Zenzaburō. É descritto come un uomo robusto, di trentadue anni e di nobile aspetto. Vestito con un abito da cerimonia, dalle caratteristiche maniche in canapa che sono indossate solo nelle grandi occasioni.

É accompagnato dal kaishaku e da tre ufficiali che indossavano il jimbaori, una armatura da guerra con fregi in oro.

L’incarico del kaishaku è svolto da un parente o da un amico del condannato. In questo caso è il pupillo di Taki-Zenzaburō. Scelto per la sua grande bravura con la spada.

Col kaishaku alla sua sinistra. Taki-Zenzaburō avanzò fra i testimoni, cui rivolse il saluto che gli è reso con grande deferenza.

Lentamente e con grande dignità il condannato sali sulla parte rialzata del pavimento.

Si prostrò due volte davanti all’altare e si sedette sul tappeto rosso con la schiena rivolta all’altare.

Il kaishaku è inginocchiato dalla parte della sua mano sinistra.

Uno dei tre ufficiali si fece avanti portando un vassoio. Dove avviluppato nella pergamena, c’è un pugnale. Lungo una trentina di centimetri, con punta e taglio affilati come un rasoio.

Dopo essersi prostrato, l’ufficiale prese il pugnale e lo porse al condannato. Questi lo prese con referenza. Alzandolo prima alla testa con entrambi le mani e poi tenendolo dritto di fronte a sé.

Un nuovo inchino e pronunciò le parole:. Io, e soltanto io, diedi sconsideratamente l’ordine di sterminare gli stranieri di Kōbe. Replicando, ancora il mio ordine quando essi cercarono scampo. Per questo crimine io ora mi lacero il ventre. prego tutti voi presenti di concedermi l’onore di assistere a questo atto.

Dopo essersi nuovamente inchinato, egli si slacciò gli indumenti e rimase a busto nudo.

Quindi, secondo la tradizione, egli ripiegò le braccia sopra le ginocchia per evitare di cadere riverso indietro. Un nobile giapponese deve sempre morire cadendo in avanti.

Con mano ferma, raccolse il pugnale che giaceva davanti a lui, contemplandolo con desiderio, quasi con affetto.

Per un momento ancora si concentrò, quasi a raccogliere tutte le sue forze nell’istante supremo. Poi affondato il pugnale sotto la cintura, gli fece percorrere tutta la lunghezza del suo ventre, da sinistra a destra. Eseguendo, infine, un ultimo brusco movimento verso l’alto che squarciò completamente l’addome.

Durante tutto il tempo di questa allucinante operazione egli non mosse un solo muscolo del volto.

Solo quando estrasse il pugnale cadde in avanti allungando il collo; allora, per un istante, gli si lesse negli occhi un lampo di panico, ma non emise una sola sillaba.

In quel momento, il kaishaku, che, sempre inginocchiato, aveva seguito con attenzione ogni movimento del condannato, balzò in piedi facendo roteare in aria la spada.

Fu questione di un istante: con un agghiacciante tonfo sordo la testa rotolò per terra, spiccata dal corpo con un solo colpo.

Segui un silenzio di morte. Rotto soltanto dal rumore del sangue che fluiva dal corpo che giaceva inerte di fronte a noi. Quel corpo in cui pochi istanti prima aveva palpitato il cuore di un uomo nobile e valoroso.

É orribile.

Il kaishaku, eseguito un lungo saluto, ripulì la spada con un pezzo di carta che teneva già pronto allo scopo. Quindi si ritirò dal luogo della cerimonia. Contemporaneamente il pugnale insanguinato è portato via con solenne cerimoniosità. Come prova di sangue dell’avvenuta esecuzione.

La rito è terminata e lasciamo il tempio.

La cerimonia riceve dal luogo e dall’ora un’ulteriore solennità. Un cerimoniale caratterizzato da un’estrema dignità e dal formalismo tipico dei modi di tutti i giapponesi di rango.

Benché profondamente impressionati da una scena tanto orribile. Non è possibile non restare contemporaneamente ammirati dal contegno fermo e virile del condannato. Dalla freddezza con cui il kaishaku ha saputo compiere il suo ultimo incarico per il suo signore. Niente avrebbe potuto più efficacemente dimostrare la forza dell’educazione.

I samurai fin dalla più tenera età imparano a considerare il harakiri come una cerimonia a cui un giorno potrebbero essere chiamati a partecipare. Vuoi come protagonisti. Vuoi come assistenti.

Nelle famiglie di antica tradizione cavalleresca il bambino è istruito al rito e familiarizzato all’idea del harakiri. Visto come un modo onorevole di espiare una colpa o di far fronte a un rovescio di fortuna. Se mai giunge quest’ora, egli è preparato ad affrontare un cimento cui l’educazione giovanile ha già tolto gran parte della paura.

Solo in Giappone si impara che l’estremo tributo d’affetto da portare a un caro amico è quello di fungere da suo esecutore ?.

(Tratto con modifiche e aggiunte da J. Seward, HaraKiri, Mediterranee.

Lord Redesdale è l’appellativo nobiliare adottato da Algernon Bertram Freeman-Mitford. Primo barone Redesdale, 24 febbraio 1837 – 17 agosto 1916. Diplomatico inglese e scrittore.

Giunse nel Paese del Sol Levante nel 1866 e vi rimase fino al 1870. In questo lasso di tempo ricopre il ruolo di secondo segretario della legazione d’Inghilterra in Giappone.

L’edizione originale di Tales of old Japan è del 1871. Illustrata dall’artista giapponese Odake. Edita in due volumi, a London (Londra), dall’editore Macmillan and Co.

É un libro di grande successo. Vanta nove edizioni e 22.000 copie vendute.

Il volume è un’antologia composta da fiabe popolari e da racconti che descrivono la vita giapponese prima della restaurazione Meiji. Il periodo durante il quale AB Mitford è il testimone diretto di un epoca che vede il potere dell’imperatore riaffermarsi su quello degli shōgun.

 

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