Ghirla è un comune della Valganna in provincia di Varese. In questo luogo la produzione di prodotti in ceramica ha una lunga storia.
Le prime frammentarie notizie di questa attività si trovano alla fine del XVIII secolo. Da quell’epoca si estendono sino al 1950 (o 1951). Anno in cui si cessò l’attività della fabbrica all’epoca diretta da Carlo Ghisolfi figlio.
La produzione iniziale era di vasellame povero. Adibito alla conservazione di alimenti. Realizzato in maiolica nera, con smaltatura a base di piombo di stagno e colorazione a base di manganese. Era chiamata radica.
Questi prodotti sono tralasciati per passare alla lavorazione della terraglia dolce.
Cambiamento permesso da tre fattori:
La manifattura di Campione d’Intelvi, oggi Campione d’Italia, fornì il supporto conoscitivo.
La presenza in luogo dei materiali necessari alla produzione. Quali quarzo, calcare e argilla.
Dalla minore temperatura necessaria alla cottura nel forno di questi nuovi prodotti.
La terraglia dolce è un impasto che a cottura finita assume una buona porosità e un color bianco. Caratteristiche che ben si adattano alla realizzazione di decori sotto cristallina.
Il bleu di Ghirla è la peculiarità della manifattura.
Un Colore unico al mondo. Fatto oggetto di studio e di imitazione da parte di altre fabbriche ma, mai ottenuto in altra sede.
É frutto degli studi e delle ricerche svolte a Ghirla.
Nato dal contatto delle vernici prodotte nella fabbrica e di un ossido di cobalto importato dall’Inghilterra.
Con la chiusura della fabbrica questo segreto è perso.
Presso i locali della manifattura, dal 1932 a 1935, fu attiva una scuola di decorazione. Diretta dal pittore Giuseppe Talamoni di Varese. In collaborazione con Carlo Ghisolfi padre e il decoratore Guerrino Brunelli.
Lavorarono come decoratori: Mario Figini, Campagnani, Banfi, Cervini, Maria Epimedio ed Ines Pella.
Una raccolta di ceramiche di Ghirla è visibile presso il Museo della Badia di San Gemolo di Ganna.
La ceramica di Ghirla in provincia di Varese è conosciuta anche con il nome Vecchia Ghirla.
Nel catalogo della manifattura ceramica di Ghirla sono descritti:.
I cataloghi d’arte della Galleria Milano Un catalogo di cataloghi d’arte.
Il catalogo propone trentadue cataloghi monografici. Editi dal 1964 al 1970. Tutti della Galleria Milano. Attiva in via della Spiga al civico 46 a Milano.
Quando specificato sono impressi a Milano: dalla Grafica Gallati, dalle Arti grafiche T. Giannotti e dalla Lito G. Ponzio e C.
Tutti con testo in italiano. Alcuni con traduzione in inglese.
Nel formato in 4° piccolo (30,0 x 22.8 cm).
Brossura editoriale a doppio punto metallico. Con copertina anteriore e posteriore impresse. Punti metallici arrugginiti e in corrispondenza macchia di ruggine.
La galleria è attiva da oltre cinquant’anni nell’ambito dell’arte contemporanea e moderna nazionale e internazionale.
Nel 1928 il critico d’Arte e editore Enrico Somarè aprì la Galleria Milano. Sotto la sua direzione rimase aperta per dieci anni.
Somarè espose artisti cruciali per l’epoca. Troviamo: Felice Casorati. Adolfo Wildt. Eleonor Fini. Mario Sironi. Giuseppe Tosi. Mario Tozzi e Carlo Carrà. Lo scultore Giacomo Manzù
La galleria fu chiusa poco prima della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1964 la Galleria Milano riaprì in via della Spiga.
Ad opera dei figli di Enrico Somaré: Guido e Sandro, entrambi pittori. Insieme a Aldo Bergolli, Mario Rossello e Gianni Dova.
A partire dal 1965 è subentrata nella direzione Carla Pellegrini Rocca. Rimasta la titolare fino al 2019.
Alla sua morte è subentrato il figlio Nicola Pellegrini. Direttore della galleria con la collaborazione di Bianca Trevisan e Toni Merola.
Nel 1973 l’attività viene trasferita da via della Spiga nell’attuale sede di via Turati. Sempre a Milano.
Nel corso degli anni sono state allestite più di trecento mostre.
Incentrate sull’opera di artisti e movimenti dell’avanguardia storica e contemporanea internazionale.
Nel 1966 ha presentato Nuove ricerche visive in Italia.
La maggior parte delle mostre sono corredate da cataloghi editi dalla galleria.
Dagli anni Settanta dalle Edizioni O con progetto editoriale di Baldo Pellegrini.
Libri antichi – Mario BORSA La caccia nel milanese dalle origini ai giorni nostri.
Libri antichi – Mario BORSA La caccia nel milanese dalle origini ai giorni nostri
Moltissimi sono i libri antichi che parlano di caccia. Fra questi è molto ricercato il volume scritto da Mario Borsa. Intitolato la caccia nel milanese dalle origini ai giorni nostri.
Rara è l’edizione originale con legatura di lusso. Il libro era commercializzato anche in brossura editoriale con sovraccoperta editoriale. Nel 2002 ha avuto una ristampa.
La descrizione dell’opera in edizione originale è la seguente.
Mario Borsa. LA CACCIA NEL MILANESE DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI. Duecentotrenta illustrazioni. Venti tavole. Quattrotricromie. Milano, Ulrico Hoepli. senza data (1924).
in 4° (30,5 x 21.5 cm ). pagine XV,1nn,356. 230 illustrazioni nel testo in bianco e nero. 20 tavole in bianco e nero protette da velina. 4 tavole a colori applicate su cartoncino protette da velina. Una è posta all’antiporta. Legatura editoriale con ricche impressioni in rilievo e otto borchie metalliche ai piatti. Taglio superiore in oro.
La rilegatura è definita dal Ceresoli: “splendida legatura ad imitazione dei lavori quattrocenteschi“.
Mario Borsa nasce a Regina Fittarezza, una località del comune di Somaglia. In provincia di Lodi. Nuore a Milano il 6 ottobre 1952. Abitò in via Caronti a Milano. L’estate era solito trascorrerla a a Barzio, comune della Valsassina nei pressi di Lecco.
Giornalista e scrittore. Fu redattore capo con funzioni direttoriali del Secolo dal 1911 al 1918. Direttore del Corriere della Sera tra il 1945 e il 1946. Fu uno dei maggiori orientalisti italiani. Fra i suoi libri: La libertà di stampa. Milano. Corbaccio. 1925. Ripubblicato nel 1945 da Dall’Oglio.
Il libro la caccia nel milanese dalle origini ai giorni nostri si apre con la prefazione dell’autore.
Dove si leggono le frasi. Così è nato questo libro. Dall’amore per la caccia e per i racconti i caccia. Buona parte delle ordinanze di caccia viscontee e sforzesche che ho riportato sono inediti. Queste sono delle lettere e dei documenti dell’epoca. Non tutti gli editti degli spagnoli e degli austriaci sulla caccia, da me citati, sono pubblicati. Inediti sono pure i reclami, le suppliche, le relazioni, i processi, i provvedimenti finanziari, ecc.
L’opera è divisa in capitoli. Il testo tratta della caccia durante sette periodi: Le origini. Il medioevo. I Visconti. Gli Sforza. Gli Spagnuoli, ( Spagnoli sic ). Gli Austriaci. Ai giorni nostri.
Le numerose illustrazioni propongono quadri, disegni, incisioni, miniature e opere varie tutte inerenti al soggetto della caccia.
Sono riprodotte alcune illustrazioni tratte dalla cacce fantastiche dello Stradano.
Altre immagini raffigurano degli oggetti usati per la caccia. Vedremo: punte di freccia silicee e balestre.
Molte pagine trattano della Falconeria.
A pagina 62 si legge “ Il Giulini ci dice che i milanesi cacciavano con falcone perfino in città! … Le castellane uscivano in pubblico tenendo il falco sul pugno elegantemente inguantato. I cavalieri se lo portavano dietro in guerra e lo davano in consegna al loro scudiero. I Vescovi salivano con esso sull’altare deponendolo accanto al Vangelo“.
Documenta le cacce che si svolsero nelle valli del Ticino. Dell’Adda. Del lodigiano. In Brianza. A Morimondo, Pavia nel maniero di Mirabello entro il parco. A Binasco. Abbiategrasso. Bereguardo. Vigevano. La Bicocca. Nel Parco di Monza. A Cà del Bosco Baracca a Besate. Sul lago di Pusiano e in molte altre località.
Tutte basandosi su materiale d’archivio, per l’epoca, in gran parte inedito.
Cfr. Catalogo Hoepli 56. Ceresoli 109. Edizione originale. Artistica. Con la riproduzione di tavv. e figg. di opere antiche sulla caccia. Unite a miniature tratte da mss. inediti di antiche opere italiane sullo stesso argomento. Opera documentaria di interesse storico venatorio. Volume che si presenta con differenti tipi di legature editoriali. In brossura e in pergamena. Mai ci era dato di trovare con questa splendida legatura ad imitazione dei lavori quattrocenteschi.“
Mario Borsa diede alle stampe anche un secondo libro sulla caccia. Si intitola: Aria di bosco. Ciance di un cacciatore. Milano, Baldini e Castoldi. 1948.
El Tredesin de Marz per chi non parla la lingua locale del territorio milanese è Il tredicesimo giorno del mese di marzo.
In contemporanea una data e il nome di un’antica pietra scolpita e benvoluta dai cittadini milanesi.
Il giorno in cui questo sasso è ricordato e riportato a nuova gloria.
Una giornata di festa per la città di Milano da lunghissimo tempo. Un anniversario nel quale convivono il ricordo di antiche tradizioni celtiche e la devozione a San Barnaba. Un ambivalenza che rispecchia la tradizione delle popolazioni che abitavano quel territorio a festeggiare in quel giorno la rinascita del Sole e l’arrivo della Primavera. Dall’altra l’inizio della cristianizzazione del territorio dell’Insubria; promossa da colui il quale è considerato il primo vescovo di Milano. El Tredesin de Marz è un sasso. Modellato in una forma rotonda. Con un foro centrale dal quale scaturiscono tredici scanalature radiali. In origine conservato presso la basilica di San Dionigi. E’ ora custodito alla Crocetta. Inglobato nel pavimento della navata centrale della chiesa intitolata a Santa Maria al Paradiso, in corso di Porta Vigentina al civico 14.
Una lapide in marmo bianco è collocata appena sotto al manufatto. La scritta incisa recita: “Il tredici marzo del cinquantaduesimo anno del Signore, San Barbara Apostolo nel mentre predicava ai milanesi in Vangelo di Cristo, non lungi dalle mura di via marina, a porta orientale, in questa pietra rotonda piantò il vessillo della Croce.
Chiare frasi che illustrano la leggenda. Tradizione alla base della grande cura che ha motivato la custodia del sasso e non ne ha mai permesso la collocazione in qualche magazzino. In questo giorno nella chiesa di Santa Maria al Paradiso è celebrata una messa. Si rievocano le gesta compiute da San Barnaba ponendo nel foro centrale del blocco di roccia una croce in legno. Nelle strade circonstanti prende vita una colorata vendita di piante e di fiori.
Nell’immagine: Un opera realizzata da 108 Guido Bisagni. Intitolata Tributo alle pietre della Valsusa. Olio su tela 120 x 100 cm. Nel quadro tutto l’interesse dell’artista per lo studio delle pietre arcaiche incise.
Il dipinto era esposto a Ferrara negli spazi del Padiglione d’Arte Contemporanea. Durante la mostra dedicata ai Pittori fantastici nella Valle del Po.
Il critico d’arte Camillo Langone nel testo del catalogo descrive l’opera di 108 con queste parole. “108 ci porta in una valle laterale per rivelarci, da astrattista ma non troppo, le misteriose pietre coppellate. Sulla tela di Tributo alle pietre della Valsusa emergono queste incisioni preistoriche scavate nella roccia e connesse, si ipotizza, ad antichissimi riti fecondità“.
Giambattista Bazzoni e il Falco della rupe o la guerra di Musso
Giambattista Bazzoni è l’autore del romanzo storico intitolato il Falco della rupe o la guerra di Musso.
Un libro antico ambientato nell’alto Lario. Raro da trovare nell’edizione originale.
Un volume che è il desiderio di molti collezionisti di storia locale della regione Lombardia e di opere inerenti il lago di Como.
Giambattista Bazzoni nasce a Novara nel 1803. Muore a Milano 1850. Magistrato, scrittore e patriota.
Figlio di un notaio. Il 12 dicembre 1825 si laureò in legge. Presso l’Università di Pavia.
Diviene magistrato nel 1831. A seguito di questo incarico inizialmente si trasferisce a Gallarate. Cittadina ora in provincia di Varese. In seguito a Bergamo.
Si forma intellettualmente durante il periodo di praticantato. Avvenuto presso lo studio notarile dell’avvocato Dell’Acqua.
Luogo dove viene in contatto con i più importanti letterati dell’epoca.
Ambiente dove ha l’opportunità di consultare i numerosi testi appartenenti alla biblioteca del suo datore di lavoro.
Risale al 1826 l’abilitazione all’insegnamento.
Nello stesso anno compare il suo primo romanzo storico. Intitolato Il castello di Trezzo. Dapprima pubblicato a episodi sulla rivista il Nuovo Ricoglitore e nel 1827 in tomo per i tipi dell’editore milanese Stella.
Il successo arriva con il suo secondo romanzo. Intitolato Falco della rupe o la guerra di Musso.
Consenso che giovò anche al primo scritto. Inizialmente passato inosservato. Da questo momento ripubblicato in numerose edizioni.
Anche questo secondo romanzo compare inizialmente sulle pagine del Nuovo Ricoglitore.
Dove è pubblicato negli anni fra il 1828 e il 1829.
il Falco della rupe o la guerra di Musso è ambientato sul Lago di Como.
In un periodo che inizia nel 1531 e si conclude nel 1532.
Quando Gian Giacomo Medici. il futuro marchese di Melegnano. era un pirata. In lotta al fianco del duca di Milano Francesco Sforza.
Il testo è ricco di particolari di carattere storico geografico.
É preceduto da un’introduzione composta da 24 pagine. Nella quale si trova una significativa definizione del genere del romanzo storico.
All’epoca della pubblicazione il romanzo riscosse un notevole successo.
Tanto che l’autore curò una ristampa nello stesso anno dell’edizione originale, il 1829. Sempre con lo Stella.
Un’altra edizione compare due anni dopo presso i Classici Italiani.
L’episodio storico delle guerre di Musso si compone da una serie di battaglie. Combatture tra Gian Giacomo Medici detto il Medeghino e la repubblica delle Tre Leghe.
Quest’ultima con diversi livelli di sudditanza deteneva il controllo dei contadi di Bormio e Chiavenna.
Nel 1523 il Medeghino ottenne il comando del Castello di Musso. Situato al confine dell’area di influenza delle Tre Leghe. Alleanza che occupava Colico e le Tre Pievi di: Dongo, Gravedona e Sorico.
Il racconto ha come protagonista Falco.
Un leggendario pirata al servizio da Gian Giacomo Medici detto il Medeghino. Il signore di Musso.
Falco è il personaggio principale, è originario di Nesso. Una località situata sulla costa occidentale del triangolo Lariano, il territorio compreso fra i due rami del lago di Como.
Nella trama del romanzo Falco e dei suoi compagni danno vita ad un racconto avvincente.
Nel quale si intrecciano cruente battaglie, tradimenti e la storia d’amore fra Rina e Gabriele.
Il tutto ambientato sugli sfondi incantevoli del paesaggi del Lario.
Questo racconto storico ebbe per tutto il XIX secolo una grande fortuna.
Per questa ragione seguirono all’edizione principe numerose altre impressioni a:.
Firenze. Presso Giuseppe Veroli e compagno. Nel 1830.
Firenze. Presso Giuseppe Veroli e compagno. Successori di Gius. Molini. 1830 – 1831.
Firenze. Presso Giuseppe Veroli e compagno. 1831.
Milano. Stella. 1831.
Napoli. A spese del Nuovo gabinetto letterario. 1834.
Novara. Rusconi, 1834.
Milano. Libreria di F. Sanvito. 1857.
Milano. A. Bettoni. 1868.
Como.Tipografia Cavalleri e Bazzi editori. 1894.
Non mancano le edizioni del XX secolo.
Quando nel 1925 si stampa a Como, per i tipi de La Provincia di Como, una terza edizione riveduta.
Il libro riporta al frontespizio la scritta Dono agli abbonati del giornale La Provincia di Como.
La fortuna del romanzo fece si che il Falco della Rupe diviene il nome di uno dei primi vaporetti in servizio sul Lago di Como.
Si narra che al passaggio dell’imbarcazione nei pressi di Nesso dal castello partiva un colpo di cannonea salve. Al quale faceva eco il fischio del natante.
Il Bazzoni fu autore di cinque opere. In ordine cronologico:.
Il castello di Trezzo. Milano. Stella. 1827. Il Castello di Trezzo è il primo romanzo scritto da Giambattista Bazzoni.
Falco della Rupe o la Guerra di Musso. Milano. Stella. 1829.
La bella Celeste degli Spadari. Milano. 1832.
Racconti storici Milano. Omobono Manini. 1832.
Zagranella o una pitocca del Cinquecento Milano. Pirotta. 1845.
Nell’immagine. Il frontespizio dell’edizione originale del libro intitolato Falco della rupe o la guerra di Musso. Racconto storico di Giambattista Bazzoni.
Edito a Milano. Presso Ant. Fort. Stella e figli. Al verso del frontespizio Colle stampe di Giovanni Pirotta. 1829.
In 8° ( 21,8 x 14 cm ) pp. 2nn,319,(1).
Antiporta figurato con una incisione originale stampata da una matrice in rame incisa da G. Terzaghi su disegno di Demarchi.
in Mezza Pelle Coeva. Al dorso in oro autore, parte del titolo e fregi. Tagli spruzzati in azzurro.
Vedi: Parenti. Rarità IV, pag. 156. Parenti. Rarità IV, pag. 156: “Edizione originale, rara”.
OPAC SBN. Codice identificativo IT\ICCU\TO0E\007731. Censisce otto copie.
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